Viaggio alla scoperta di Paros
Viaggio alla scoperta di Paros

In viaggio tra le mie isole greche

Qualche giorno fa, sulle pagine Facebook e Instagram, ho fatto partire l’operazione “ricordi”: ovvero, un omaggio fotografico alle isole greche in cui ho avuto la fortuna di approdare ? 
Ho ripercorso, anno dopo anno, isola dopo isola, ogni singolo viaggio in terra ellenica, provando a rielaborare emozioni e sensazioni alla luce di un percorso a ritroso nel tempo, con l’ausilio delle foto.

La mia prima volta in Grecia risale al 2005, e l’isola prescelta fu Corfù ??
L’isola più vicina, facilmente raggiungibile con i charter e gli hotel in formula roulette adatti a tutte le tasche… specie a quelle di chi, all’epoca, non poteva ancora permettersi un’indipendenza economica ?

Girovagando tra i negozietti di souvenir nella città di Kerkira, rimasi stregata dall’immagine di una cartolina, in cui cupole blu si elevavano verso un cielo infiammato dai colori del tramonto, e l’angolo destro della distesa di mare tutto intorno richiamava l’attenzione con i tradizionali Greetings from Corfù.

“Voglio andare qui… dov’è questo posto?”?
Iniziai a chiederlo in maniera assillante a tutti i negozianti del posto, ma in cambio ricevevo sguardi spaesati, o approssimative indicazioni di luoghi dell’isola che avevo già battuto, senza mai trovarmi di fronte a quella meraviglia.

Solo una volta rientrata a casa, tuffandomi sulle guide di viaggio e districandomi nei grovigli della rete online, scoprii che quella era semplicemente Santorini.
Un’altra isola.
Un altro arcipelago.

Iniziai, così, a sognare le Cicladi ?

Purtroppo, Corfù è l’unica isola di cui conservo le foto in un hard disk esterno, che sembra non voler più funzionare ?… ho utilizzato, dunque, delle immagini prese dal sito di Greeka.

Nel 2010, a 5 anni di distanza dal mio “battesimo greco” nell’isola di Corfù, riesco ad approdare in un altro arcipelago.
Ancora una volta, non le Cicladi… quelle resteranno un sogno ancora per un pò.
La seconda isola della mia personalissima “cultura” greca è Rodi, nel Dodecaneso.
Una scelta legata ad una decisione last minute in pieno agosto, ai pochissimi giorni di ferie a disposizione, e -conseguentemente- ai (rarissimi) voli diretti con prezzi umanamente abbordabili.

La sensazione è strana: l’atmosfera di viaggio non è idilliaca, il compagno di viaggio sta per diventare ex, e l’isola non riesce a conquistarmi a dovere.

Capisco, dunque, che “il succo” dei posti che visitiamo durante la nostra vita dipende dal momento esatto, da una somma di piccoli istanti, dall’umore, dal nostro stato d’animo.. e anche dalle persone che ci accompagnano….
In più, una buona dose di occhio dietro alla lente della macchina fotografica, non guasta ? e, riguardando gli scatti di 10 anni fa, direi che la fotografia non era uno dei miei hobby prediletti… ?

Non ho colto molto dell’isola, non ho girato come sono solita fare… direi che di Rodi conosco davvero pochissimo, e magari un giorno troverò la voglia di tornare ad esplorare ciò che di lei mi manca.

Il 2012 è, finalmente, l’anno delle Cicladi… mi aspetta una vera e propria scorpacciata di isole, una sete che dovevo assopire ormai da anni.
Maggio, la mia terza volta in Grecia, con un compagno ancora diverso… sembra che i miei viaggi precedenti non abbiano mai portato troppa fortuna alle mie storie, precipitate sempre proprio al rientro dalle vacanze in terra ellenica.
Il quesito diventa: resisteremo? ?‍♀️

Il nucleo del viaggio si sviluppa tutto intorno a Santorini… è lei la prescelta, i suoi paesaggi da cartolina mi chiamano e non posso più dire di no.
Ma i giorni di ferie sono abbastanza per dedicarli solo ad un’isola, per cui studiamo un itinerario a partire dalle fermate della Blue Star, la nave che parte dal Pireo la mattina alle 7:30, spingendosi verso i lontani puntini dell’Egeo.
Scegliamo di fare uno stop di un paio di giorni nella prima isola cui attracca la nave prima di raggiungere Santorini, in modo da spezzare quelle ore di navigazione.

Veniamo travolti da una sensazione di pace, da un’isola ancora deserta e senza turisti, la campagna tutta per noi, le taverne vuote che affacciano sul porticciolo, e i gatti che sonnecchiano nei vicoli.
L’isola è Paros, e il resto è storia già scritta ?

Instancabili e “trotterellanti” come siamo, nei già pochissimi giorni trascorsi a Paros non potevamo di certo rinunciare a fare una capatina anche nell’isola di fronte, quella che molti chiamano l’isola sorella, a solo una manciata di minuti di traghetto.
Naturalmente, parlo di Antiparos.
Salpiamo sull’isola in quel Maggio del 2012 a bordo del nostro quad, e ci dirigiamo subito sul sito delle cave sotterranee, e -a seguire- alla scoperta di qualche spiaggia, per poi terminare con una passeggiata nella chora.

Antiparos la scorgi limpidamente, in quelle giornate di cielo azzurro, quando ti affacci dalla costa ovest di Paros.
È sempre lì, e -con il tempo- per me è diventata una presenza costante e confortante.
La guardo, e penso “ora sì che sono davvero a Paros”.

Paros e Antiparos sono ormai abbondantemente alle nostre spalle, e la nave attraversa lentamente il primo nuovo lembo di terra.
Le case bianche, in cima all’altura, sembrano zucchero a velo, quasi a ricoprire le morbide forme di un pandoro.
L’isola svela piano piano il suo fascino ai miei occhi che l’ammirano incantata, dal ponte della Blue Star.
Eccoci, stavolta ci siamo davvero… finalmente a Santorini! ?

Il mio cuore sussulta mentre il ponte della nave si abbassa nella manovra di attracco… i miei occhi cercano l’azzurro del cielo, ma il mio sorriso si infrange sull’immensa parete di roccia davanti a me ?

Percorriamo i tornanti cambiandoci spesso “d’abito”, prima a bordo di un dumbaghi e poi di una smart crossblade, ma l’aspetto dell’isola rimane sempre rigido e austero.
L’isola che avrebbe dovuto attrarmi, sembra quasi respingermi ?

Oia è pura magia, e all’ora del tramonto sembra quasi un presepe con le mille lucine e le scale dei residence più belli che si tuffano nel blu del mare…
Quello stesso blu che la notte diventa nero come la pece, e sembra quasi inghiottirmi in un vortice di inquietudine.
Qualcosa mi impedisce di vivere a pieno l’incanto dell’isola, mi sento irrequieta, e infinitamente piccola; provo perfino timore verso tutto ciò che mi circonda.
Non riesco a scorgere la luce oltre a quella cortina nera, cupa, tetra.

Mi pare quasi di percepire lo spirito del vulcano; sembra che il suo animo, non del tutto assopito, aleggi in ogni singolo luogo dell’isola ?

L’isola fragile… così rimarrà Santorini tra i miei ricordi.

L’arrivo a Folegandros stempera decisamente quella sensazione cupa che mi porto dietro, come un fardello, da Santorini.
L’isola è piccola, c’è solo una strada che la percorre da cima a fondo, e il rumore del nostro quad è l’unico per chilometri.
Dà fastidio anche a me, perché sembra voler inquinare una cornice di pace e spensieratezza, eppure si rivela il mezzo più adatto per andare alla scoperta di qualche sterrato ?

Ho letto che nel villaggio di Ano Meria esiste un piccolo forno tradizionale, ed io -naturalmente- non posso perdermi l’esperienza.
Sembra l’ingresso alla casa di qualcuno, l’asino legato lì davanti, le voci che si sentono dall’esterno… mi sembra quasi di violare l’intimità di una famiglia, e -alla fine- preferisco non entrare.

Proseguiamo alla ricerca della taverna di cui ho letto in qualche diario di viaggio, passando davanti alle quattro case del villaggio e a dei vecchietti seduti in cima ad un muretto che ci squadrano dalla testa ai piedi, e finalmente arriviamo in questo luogo immerso nella campagna circostante, tra campi terrazzati e muretti a secco.
Un vecchietto prende le ordinazioni, e la moglie si precipita in cucina.
Siamo gli unici avventori del posto, e -ancora una volta- mi sento come fossi ospite in casa altrui.

La chora dell’isola credo sia tra le più belle mai viste; pochi vicoli che si intersecano l’un l’altro, ospitando case con finestre e porte blu, verdi e rosse, incorniciate dal profumo di rose, gerani e gelsomini ?
La vita si riunisce nelle tre piazzette centrali, che accolgono indigeni e turisti nei salottini fatti di sedie colorate, sotto i pergolati di taverne e caffè.
Ci spiegano che l’isola -in piena estate- è molto diversa da come stiamo avendo la fortuna di ammirarla in quel momento: si riempie, a poco a poco, di turisti e gestori di locali, specialmente italiani, quasi fino a dare l’idea di scoppiare rispetto alle sue risicatissime dimensioni.

Non abbiamo troppo tempo per goderci il mare dell’isola… ho dimenticato di dirlo, ma io e Francesco non siamo eccessivamente tipi da spiaggia… ci concediamo qualche ora al mare solo quando abbiamo terminato il giro di un’isola.
Preferiamo l’immersione nei paesaggi a quella nelle acque del mare, e dal momento che Folegandros è abbastanza arida di spiagge facilmente accessibili, noi preferiamo percorrere i suoi sterrati impolverati, per poi rifocillarci con la splendida vista della chiesa in cima alla chora (chiesa della Panagia), che si gode dagli studios che abbiamo preso in affitto.

Non c’è molto da fare, si respira quiete…. eppure mi piace, mi sembra di entrare in sintonia con il luogo e con la sua gente…
Siamo in un posto fuori dal mondo ?
Ma il vento inizia a soffiare forte, e il mare si ingrossa.
Siamo costretti a preparare le nostre valigie alla rinfusa, e lasciare l’isola di corsa, per salire sull’ultima nave in partenza per Milos, prima di qualche probabile eventuale giorno di stop alla navigazione.

Milos potete dividerla a metà: a destra tutta la parte abitata e visitabile, a sinistra chilometri di sterrati tra cave e luoghi disabitati”.

Decidiamo, dunque, di affittare un piccolo fuoristrada, in modo da poter girare indisturbati anche nella parte a ovest dell’isola, che -effettivamente- non ha poi così tanto da offrire a livello di scorci e paesaggi.

In realtà, mi sento leggermente frastornata anche dal resto dell’isola.
Sarà il turbinio con cui ci siamo precipitati qui, quasi cacciati via da Folegandros a causa del vento, però non riesco a cogliere l’anima del luogo che ci ospita.
Non riesco ad estrarre la sua essenza Cicladica: so perfettamente che il bianco e il blu non appartengano a tutte le isole dell’arcipelago e che, tante volte, rappresentino una scelta architettonica “forzata” da motivi puramente turistici.
Però, qui la chora non mi trasmette alcuna vibrazione, con il suo dedalo di viuzze percorribili anche in automobile, in corsie a doppio senso larghe poco più di una macchina, e salite ripide tra le abitazioni.

In giro, molte le opere edilizie non terminate, niente vicoli suggestivi, niente distese di campagna puntellate da chiesette.
Insomma, l’isola è immersa in una totale “modernità”: emblema del suo vivere moderno è la ciminiera della centrale di energia elettrica che guarda al porto.
Niente atmosfera sospesa in altri tempi, niente scorci di vita rurale.
Ok, sicuramente un luogo non astrattamente turistico, ma decisamente concreto, reale, vero… eppure, totalmente lontano da ogni mia aspettativa.

Escludendo qualche tocco di colore (come il villaggio di Klima), la sensazione che provo è quella di monotonia.
Magari siamo solo stanchi perché siamo all’ultima tappa di questo frenetico giro tra le isole, magari siamo poco interessati al mare che, invece, sembra sia la risorsa per cui l’isola spicchi rispetto a tante altre (e, in effetti, ci sono luoghi di mare mozzafiato come Sarakiniko), io Milos non l’ho del tutto afferrata.
Paros mi ha stregata, Folegandros mi ha coccolata nella sua calda campagna, Santorini comunque mi ha smosso delle sensazioni molto forti, anche se in contrasto a quelle che mi sarei aspettata di vivere.
Milos, invece, sento di non averla vissuta emotivamente.
Un altro di quei tasselli che si aggiungono alla lista del “forse un giorno ritornerò, per capirti meglio”.

Risalgo sulla nave che ci riporta al Pireo.
Il tour è finito, ma sono sicura che questo sia stato solo l’inizio di un lungo batticuore 

Non avrei immaginato di rimettere piede in Grecia così presto; il 2012 è stato proprio un anno pieno di scoperte e di isole ??
Complice un biglietto aereo a prezzo stracciato, nel Settembre di quell’anno organizzo una vacanza assieme ad un’amica, direzione Mykonos.
Finalmente vedrò la casinista, penso… anche se nel mio DNA c’è da sempre la fuga da qualsiasi luogo possa vagamente sembrare una discoteca, e il pigiama ha un appeal più forte sul mio ego di un paio di tacchi a spillo.

L’isola mi affascina, e non potrebbe essere altrimenti… del resto, ci sarà un motivo che giustifichi l’afflusso di turisti provenienti da tutto il mondo!
Nonostante siamo già alla terza settimana di Settembre, di gente in giro ce n’è ancora abbastanza specie la sera in Chora, dove trovare parcheggio è quasi un incubo.
I prezzi, in giro, sono l’unica pecca della vacanza… costa tutto parecchio, dal cibo in taverna all’aperitivo in chora… il divario rispetto alle isole visitate qualche mese prima è davvero notevole.

Il Meltemi è andato in letargo, le spiagge sono un incanto e l’acqua cristallina ti invoglia a fare il bagno.
Girovaghiamo, così, per tutte le spiagge dell’isola, passando attraverso i villaggi e i piccoli borghi in riva al mare.
Consumiamo le ruote della nostra sgangheratissima Matiz a noleggio, scattiamo centinaia di foto alla ricerca delle cupole rosse, ridiamo di gusto raccontandoci le nostre vite e ci entusiasmiamo davanti al colore dei tramonti ?

Oggi, quell’isola la rimpiango un po’… nonostante siano passati solo poco più di 8 anni, sembra stia completando una vera e propria metamorfosi.
Quando mi capita di fermarmi una notte lì, prima di riprendere il volo di rientro, mi sento in trappola. Nessuno parla greco, ci si trascina tra i vicoli senza il necessario spazio vitale, e i prezzi sono sempre più alle stelle.
Credo che ad essere deleterio sia proprio il fatto di viverla solo come appoggio per una notte, rischiando di rimanere intrappolati nei suoi tristissimi meccanismi mordi e fuggi. 
In un solo giorno, si visitano inevitabilmente i luoghi dei clichè, soggiornando nelle località che ammaliano più facilmente quei turisti alla ricerca di un transfer comodo per il porto o l’aeroporto, generando facilmente vere e proprie trappole strozza entusiasmo.
Il segreto, probabilmente, è riuscire a superare le barriere iniziali, e decidere di rimanerci più di un giorno, calandosi in un ordine mentale che possa portare davvero a comprenderla nei suoi angoli più segreti. 
Noleggiare un mezzo e andare lontano dalla calca, o almeno provare a muoversi in contro fase rispetto al resto delle persone, godendo della serenità del mattino presto e rientrando al proprio rifugio quando tutto si trasforma in una discoteca a cielo aperto. 
Sta di fatto, però, che la Mykonos di oggi è il triste esempio di ciò che non vorrei succedesse mai a nessun luogo caro del mio cuore

Non si può completare una vacanza a Mykonos senza una gita giornaliera nella vicinissima isola di Delos, ad una manciata di minuti di navigazione coperti da un servizio frequentissimo di traghetti in partenza dal porto vecchio.
Del resto, Delos è quella da cui prenderebbe il nome l’intero arcipelago delle Cicladi, in greco Κυκλάδες, che rimanda ad una disposizione circolare intorno all’isola sacra.
Delos, appunto.
Insomma, una visita da non perdere.

Approdare a Delos è un pò come ritrovarsi catapultati a migliaia di anni prima, su un’isola in cui non esistono alberghi o abitazioni, ma solo macerie… alcune in uno stato di conservazione incredibilmente stupefacente.
Ci si ritrova, così, a vagare tra colonne, porticati, pavimenti a mosaico… insomma, la classica atmosfera che a me dà sempre quella sensazione di percepire le voci e le vite dal passato, attraverso i sussurri del vento.
Delos è magica, ma occorre essere preparati alla forte calura e alla totale assenza di rifugi ombrosi, se non fosse per il bar del museo.

A Delos puoi stare un tempo indeterminato: puoi prendere il primo traghetto del mattino, e rientrare con l’ultimo del pomeriggio, percorrendo tutto il perimetro dell’isola, e imbattendoti -in questo modo- negli scorci meno visitati dalla folla, che si accalca principalmente sul sentiero che raggiunge la piccola collinetta che guarda al molo di attracco.
A Delos sembra che il tempo scorra ancora più lentamente.

C’è qualcos’altro che mi attrae fortemente tutte le volte che torno sull’isola: la vicinissima distesa di terra anch’essa disabitata, che corrisponde al nome di Rineia.
Leggo su internet essere un’isola anch’essa disabitata (se non fosse per qualche pastore), ed esercita su di me un richiamo magico e ancestrale.
Sogno, un giorno, di poter raggiungere e visitare anche lei ?

Nel Giugno 2014, rimetto piede in terra ellenica a distanza di circa un anno e mezzo dall’ultima vacanza a Mykonos.
La destinazione è scelta in base ad un imprevisto degli ultimi giorni: a Francesco vengono cancellate le ferie, per cui io resto completamente sola.
Essendo al mio primo viaggio in solitaria, scelgo un’isola in cui so di poter contare sull’appoggio e il supporto della famiglia di alcuni miei colleghi di lavoro, che hanno appena aperto un bed and breakfast nell’isola di Leros.
Prima di partire, acquisisco una miriade di informazioni sull’isola che mi lasciano -per lo più- spiazzata.
Leros è un’isola che non incontra il favore degli autori dei diari di viaggio in cui mi sono imbattuta, e inizio a chiedermi anch’io cosa possa fare un’intera settimana su un’isola che sembra abbia così poco da offrire.
Ma non c’è più tempo per modificare i piani, e quindi parto.
Mi ritroverò a vivere uno dei viaggi in assoluto più belli, imparando ad apprezzare anche la solitudine, la libertà negli spostamenti, i ritmi dettati solo e soltanto dalle mie voglie.

Leros mi ha insegnato a ritagliarmi dei viaggi solo per me, dei momenti che mi hanno aiutata a stringere un legame ancora più forte con le isole greche, in cui -magari- arrivi completamente sola, ma sola non ti senti mai ??

Leros mi ha sconvolta con degli scorci di cui non parla mai nessuno: dai vecchi insediamenti della seconda guerra mondiale agli sterrati in cui mi sono avventurata in motorino, per trovarmi in compagnia di capre e campanacci.
Dalle mille chiese nascoste tra le rocce alle spiagge completamente deserte.
Dalle taverne sulla spiaggia ai vecchietti seduti in circolo nel kafeneio della piazza, che fanno il tifo per te quando non riesci a mettere in moto il motorino ?
Da est a ovest, da nord a sud, l’isola mi ha conquistato nella sua interezza… mi sono ritrovata più volte a leggere le pagine del romanzo che avevo con me nella completa pace di una pineta, o seduta volgendo le spalle alla parete della chiesa sul mare.

Ho ripensato spesso alle cose lette sull’isola, e non sono mai riuscita a spiegarmi davvero il perché.
Sicuramente, Leros è un’isola che non fa nulla per ammaliarti al primo sguardo. Non è un’imbonitrice, non urla la sua bellezza al vento per convincerti a restare nelle acque del suo porto.
Leros ha un’immensa voglia di essere scoperta piano piano, e solo dandole fiducia ti sorride svelando ai tuoi occhi la vera indole da panorami mozzafiato.

Credevo che una settimana fosse troppa, ma poi sono tornata sull’isola anche l’anno successivo, e qualche anno dopo ancora.
È così che succede, quando semini pezzetti del tuo cuore: corri a riprenderteli ogni volta che puoi ?

Se avete la curiosità di sbirciare il mio diario approfondito del primo viaggio a Leros, cliccate QUI 

Con Lipsi è stato subito amore a prima vista.
L’isola capace di ammaliare -ben prima di me- con il suo incantevole fascino niente di meno che Ulisse ?‍♀️

Scoperta anche lei per caso, nel corso di una gita giornaliera in partenza da Leros, e diretta prima verso l’abbagliante sabbia bianca di Aspronissi, poi verso le rocce di Macronissi, ed infine al porto della piccola Lipsi, giusto per una pausa di qualche ora prima di rientrare in base.
Mentre la barca faceva il giro della sua costa, il mio cuore batteva all’impazzata ?
Avete presente il classico colpo di fulmine?
C’era qualcosa, in quell’isola, che mi stregava e non vedevo l’ora che la barca attraccasse al suo porticciolo per partire in solitaria esplorazione.
Il molo di Lipsi sonnecchiava in quelle che erano le prime ore di un pomeriggio piuttosto caldo, e nessun negozio nei paraggi mi dava l’idea di noleggiare alcun mezzo per partire alla scoperta dell’isola.
Non mi restava, dunque, che affidarmi solo ed esclusivamente alle mie gambe, avidamente dirette verso la Chora lì a due passi.
Sebbene lontana da tutti, io in quel momento mi sentivo a casa… nonostante fossi sola!
Non percepivo solitudine, non sentivo la fame: avevo solo voglia di esplorare quegli anfratti, una grande fame di Grecia, un’incessante sete di Lipsi.
Il kafeneio, la piazzetta colorata, la chiesa di fronte al mare e il silenzio totale tra i vicoli… il cuore batteva sempre più forte, consapevole di trovarsi esattamente nel posto giusto.

Quando sono andata via da lì, ho promesso alla sua costa che sarei tornata presto a trovarla, dedicando solo a lei qualche giorno della mia prossima vacanza.
Nel 2015, un anno dopo la promessa, ero di nuovo a Lipsi.
Questa volta con Francesco, cui avevo voglia di far conoscere quanto di immenso mi avesse già trasmesso l’isola di Leros, e condividere assieme l’esplorazione di quell’isola poco distante, che era stata capace di far impazzire il mio cuore.

Lipsi è piccola, selvaggia (almeno, fuori stagione), l’ideale per chi -come me- si lascia incantare dai colori e dai profumi della campagna dorata, per poi rifocillarsi tra le sedie colorate dei bar e delle taverne della chora, bevendo la spremuta d’arancia più buona che abbia mai bevuto in vita mia! (“le arance del nostro giardino, signori… cosa ne pensate, sono buone?” ??

Lipsi è l’isola del batticuore 

Il 2016 è l’anno del grande ritorno a Paros… con al seguito genitori, amici, cagnolino, e abiti per il giorno del “si” ?
Sul matrimonio ho già scritto e detto di tutto ? (ancora non ne sai nulla?! corri a leggere QUI oppure guarda questa VIDEO INTERVISTA).
Il viaggio di nozze vero e proprio lo abbiamo fatto, a nostra insaputa, qualche mese prima del matrimonio stesso.
Avevamo deciso per una pausa invernale esotica in uno dei luoghi che amo di più al mondo ?… ma non sapevamo che, di lì a pochi mesi, ci saremmo ritrovati l’uno al fianco dell’altra come marito e moglie.
Per il viaggio post matrimonio optiamo, dunque, per un giro tra le isole Cicladi che, come nuova meta, vede l’approdo a Naxos.

Naxos è ampia, le giornate trascorrono velocemente per spostarsi da una parte all’altra dell’isola, e -in certi punti- le strade non sono nemmeno segnalate bene.
Ci ritroviamo, così, con la macchina quasi nel bel mezzo di una vera e propria spiaggia, o abbandonati sotto il sole cocente a montare la ruota di scorta perché finiti in mezzo alle pietraie del sud dell’isola ?
Noi ci ridiamo su, il cane scorrazza divertito negli sterrati o nelle lunghe distese di sabbia semi deserte ?
Ci capita di ritrovarci in villaggi che sembrano set cinematografici di tempi ormai andati, a cena in piazzette illuminate da filari di lucine sotto gli alberi, in compagnia solo di persone del posto, ad abbuffarci di carne appena grigliata e una valanga di patate fritte.
Gli abitanti di Naxos sono orgogliosissimi della produzione di patate dell’isola, e la esibiscono anche quando non richiesta… come quelle rare volte che “optiamo per un’insalatina?”
Ma come puoi rinunciare a delle patate dorate e croccanti, quando la salivazione è già alle stelle?
Facciamo che l’insalata la mangiamo domani…
Gli abitanti di Naxos sembrano anche molto gelosi dei loro immediati dirimpettai, tant’è che mal digeriscono il nome dato al mio cagnolino (per chi non lo sapesse, si chiama Paros!): “ma siamo a Naxos, non a Paros!” mi apostrofano, quando sentono che lo chiamo… eppure, non credo di potergli cambiar nome ogni volta che lascio un’isola per una nuova ?

Il viaggio si conclude con gli aperitivi al tramonto di Little Venice a Mykonos ?
Quella parentesi, nel Giugno del 2016, è stata forse uno degli ultimi momenti di gioia assoluta, di felicità piena.
Mi ci è voluto un attimo per capire il motivo per cui avessi scelto proprio Paros per il mio matrimonio, perché il suo nome nella fede nuziale, perché proprio lei su tutte…
Volevo capire meglio cosa mi avesse riportato lì, cosa mi avesse legato a lei… e nel Settembre di quell’anno, in un viaggio tutto mio, ancora una volta in solitaria, ho finalmente compreso le ragioni di quel legame indissolubile.
Ho, per la prima volta, guardato consapevolmente alla magia dell’isola, che -da quel momento in poi- diventava la “mia” isola ?

Il 2016 si conclude con l’esigenza sempre più impellente di stringere un legame ancora più forte con questa terra, cimentandomi nell’apprendimento della sua lingua.
Tra libri da autodidatta, lezioni su Skype con insegnante madrelingua, e un corso di gruppo proprio sull’isola di Paros, il 2017 mi porta a trascorrere la mia prima estate greca tra chiacchiere e nuove amicizie “local”.

Ma il 2017 è anche l’anno che vede me e Francesco tornare a Leros (per me sarà la terza volta!), e -come nostra abitudine- decidiamo di associare ad un ritorno la scoperta di una nuova isola limitrofa.
E quale migliore occasione per visitare Kos?

Leggo tanto su quest’isola, a mio parere ingiustamente sottovalutata.
Naturalmente, il periodo in cui la si visita può fare la differenza: alla fine di Settembre, Kos è l’isola che tutti dovrebbero vedere almeno una volta, per riscattarla da quell’etichetta ingombrante e poco consona alle sue reali bellezze.
A fine Settembre, le orde di turisti chiassosi spariscono da ogni singolo anfratto dell’isola, e gli schiamazzi lasciano spazio a spiagge completamente invase da capre, rovine archeologiche in cui regna il silenzio, stradine secondarie che ti conducono alla scoperta di nuove sorprese, e tramonti da toglierti il fiato.
Nella città sono ancora evidenti i resti del recente terremoto, con qualche calcinaccio sparso qua e là, ma la vita scorre tranquilla come sempre, tra la piazza del mercato e i localini con i loro tavoli all’esterno.

Per me, Kos è l’isola da molti incompresa.

In giornata, da Leros, partono sempre interessantissime gite alla scoperta delle isole limitrofe.
Nel Settembre del 2017 è il turno di Arkì, piccolissimo puntino del Dodecaneso cui sono approdata per caso, e che mi ha conquistata per le coloratissime sedie dell’unica piazzetta sul molo, e il surreale silenzio della campagna circostante.
Arkì è un’isola abitata da una quarantina di persone, e la si percorre a piedi nella sua interezza (una superficie di circa 6,5 km²).
La sua autenticità è davvero tangibile ad ogni passo, lungo il sentiero che raggiunge la piccola Chiesa in cima, o guardando -dall’alto- i piccoli gruppi di case sparpagliate lungo tutto il perimetro dell’isola.

Arkì è il luogo delle fiabe, quello che si materializza quando -sfogliando un libro di racconti- personaggi e atmosfere ti portano ad occhi chiusi in un mondo incantato, esatta riproduzione di quel disegno che ammiravi solo qualche secondo prima su carta stampata.

Dietro ogni minuscola finestra percepisci aliti di chissà quale intrigante vita, e quando incroci uno degli abitanti dell’isola avresti voglia di chiedergli di raccontarti le magie che accadono in quel luogo sperduto e lontano da tutti.

“Sogno o son desto?”.
Arkì è il sogno di una notte di mezza estate.

 

Nel 2018, dopo quattro fughe a Paros, a Settembre arriva il turno di Tinos.
L’isola del vento.
E che vento!
Talmente sfortunata da beccare i giorni di Medicane, uno dei rarissimi uragani della storia delle Cicladi, con raffiche fortissime, mare mosso e connessioni tra le isole chiuse per giorni.
In questo scenario apocalittico, la Golden Star Ferries, l’ultima nave operativa, entra al porto di Tinos inclinandosi sul fianco destro, e lasciandomi per qualche giorno ad esplorare l’isola infagottata in felpa, maglioncini, giacca a vento con cappuccio e sciarpa.
Talmente forti le raffiche di vento da piegare perfino lo sportello della macchina (arrecando, per fortuna, un danno facilmente riparabile)!

Diciamo, dunque, che a Tinos ho goduto all’incirca di tutto, ad eccezione del suo mare e delle sue spiagge.
Le strade avvolte da una nebbiolina stile Scozia, i villaggi che mi ricordano tantissimo quelli più piccoli della Sicilia, con i vicoli deserti in cui passeggiare al riparo dal vento, i sentieri alla ricerca delle colombaie.
I carciofi, la cucina sublime di Dinos, le preghiere scritte su un foglio dentro la Chiesa della Panagia (e poi tristemente disattese), i borghi sul mare all’apparenza abbandonati, che in piena estate vedono, magari, la loro vita rifiorire solo per un paio di settimane, per poi tornare ad un lento letargo autunnale.
Il mare agitato, il cielo che torna ad essere blu, la Chora capace di stupirmi, a dispetto di tanti diari di viaggio.
La festa nel villaggio di Dio Choria, il pranzo improvvisato con la piccola comunità locale e io -pressappoco astemia- che sono costretta a bere vino, in assenza di acqua, per placare la mia sete incessante da sali e scendi per i vicoli dei villaggi.
E poi l’ipovrichio, una delle cose più immangiabili che abbia mai assaggiato in Grecia.

Tinos è l’isola in sospeso: immensa, non bastano 5 giorni per vederla tutta, specie se i ritmi sono fortemente rallentati da un vento che soffia imperterrito. 

Tinos è l’isola dal cielo grigio ma dai dettagli colorati. 

Il 2019 mi concede una ricchissima esplorazione di nuove isole ?
La prima in calendario, a fine Maggio, è Koufonissi.
Credo di aver visto dei colori di mare simili soltanto a Formentera, il mare europeo che -in assoluto- mi ricorda molto quello maldiviano.
L’acqua ha striature di ogni tipo, dal trasparente all’azzurro, fino al blu più intenso.
L’isola dormicchia ancora, poche le attività aperte sulle spiagge, quindi ogni giorno è una bella camminata per raggiungere anche quelle più lontane, e rientrare in tempo per il pranzo in qualche taverna con i piedi sulla sabbia.
Sono contenta di non aver ceduto alla tentazione di noleggiare una bicicletta: il sentiero che costeggia l’isola dal lato delle spiagge è abbastanza accidentato, e chi sceglie di percorrerlo in bicicletta, spesso deve scendere dal sellino.

A Koufonissi esistono, fondamentalmente, tre strade che ti portano in giro alla scoperta dell’isola nella sua interezza. Una percorre il perimetro a ovest, una quello a est, e una taglia l’isola esattamente in mezzo.
Le passeggiate sono sempre immerse nella natura silenziosa circostante; a muoversi sull’isola sono solo i mezzi dei residenti.
La Chora è un minuscolo gioiellino, con la sua stradina che ti porta da un capo all’altro attraversando taverne, negozietti e qualche caffè. In uno di questi adoro trascorrere il tardo pomeriggio, ad ascoltare le chiacchiere del solito gruppo di vecchietti che parla una lingua per me incomprensibile… probabilmente una forma di dialetto.
Ci sono attimi in cui mi sembra di catapultarmi in una dimensione lontana anni luce dalla modernità attuale, ma c’è sempre qualcosa che mi riporta con i piedi per terra, a ricordarmi che l’isola ha una vocazione turistica sempre più in crescita.

Chissà com’è questo posto in piena estate… è una domanda che faccio spesso ai gestori di qualche attività, ricevendo in cambio risposte alle volte assai contrastanti.
Una cosa è certa: non ho troppa voglia di scoprirlo.

Ero seduta sul volo che da Paros faceva rientro verso Atene, quando -sotto di me- scorsi la sagoma di un’isola interamente frastagliata.
Mi sconvolse e mi attrasse al punto da verificare, una volta atterrata, di quale strana isola potesse trattarsi.
Era Kythnos, l’isola di cui avevo letto qualcosa un paio di mesi prima.
E mi stava chiamando a sè, esattamente come aveva fatto Lipsi un paio di anni prima (e come ha fatto Rineia, ancora senza successo).
Decisi che lei, poi affettuosamente ribattezzata “Kitty”, sarebbe stata la seconda scoperta del 2019.

Kythnos è l’isola dei greci in vacanza, delle loro seconde case.
Kythnos è l’isola dei sentieri non troppo ben segnalati o particolarmente ben tenuti (a differenza di Sifnos), che però si arrampicano fin sopra le vette portandoti alla scoperta di monasteri o rovine nascoste.
Kythnos è l’isola che la finissima lingua di sabbia di Kolona collega ad un’isolotto posto di fronte a lei, dandoti l’idea di fare il bagno in due mari diversi.
Kythnos è l’isola di Dryopida e Messaria (chora), in cui i vicoli si intrecciano tra piazze, sedie colorate, caffè e negozi che vendono frutta e verdura, dando vita a due tra i più bei villaggi di tutte le Cicladi.

Kythnos è l’isola dei tornanti, delle strade che non si connettono l’una all’altra.
Difficile come isola “da mare”, ma l’ideale come isola da amare.
Nelle isole come Kythnos, in cui giri e rigiri tutto il giorno ma poi torni sempre al tuo “porto sicuro”, il villaggio che ti ospita, che hai imparato a conoscere in ogni suo anfratto, tutto diventa abitudine, routine.
E guardi il bar in cui hai fatto colazione tutte le mattine, il forno davanti cui sei passata più e più volte, le scale per accedere al tuo studio, i ristoranti che hai frequentato, il bar sulla spiaggia, il muretto da cui ammirare i tramonti.
E l’idea di abbandonare quella sensazione di “conforto”, quasi di casa, ti immalinconisce all’inverosimile.

A Kythnos il tramonto si tinge di mille colori.
Dal rosso, al rosa, al lilla.
Mentre, dietro il promontorio di fronte a Merichas, il sole si trasforma in una splendida biglia infuocata.
Ci sono posti famosi al mondo per i loro tramonti, dove la gente si mette quasi in coda, spintonandosi, per accogliere l’ultimo saluto del sole al giorno che finisce.
A Kythnos no.
A Kythnos, in particolare nel porticciolo di Merichas, ti ritrovi a contemplare uno spettacolo travolgente in totale relax e tranquillità, dai tavolini di un bar o di un ristorante sulla sabbia.
Senza ressa.
Senza fama.
Ma con tutto il pathos che solo il sole che tramonta a picco sul mare riesce a trasmettere.

Prima dell’ormai consueta tappa conclusiva a Paros, il mese di Luglio del 2019 mi vede approdare a Sifnos.
Siffy (dopo Kitty non poteva essere altrimenti!): l’isola dei sentieri.
Ce ne sono a decine, catalogati con meticolosa attenzione dal lavoro certosino di Sifnos Trails, e tutti ben segnalati su un’apposita mappa.
Per alcuni tratti pianeggianti, ma per lo più inerpicati al punto da mozzarti il fiato, sono tutti rigorosamente immersi in un paesaggio aspro e terroso, in mezzo a tamerici, erbe selvatiche e ulivi, con la melodia in sottofondo delle cicale.
Sui sentieri di Sifnos, per la prima volta da quando frequento la Grecia, ho auspicato la presenza mitigante del Meltemi.
Ho quasi supplicato che mi rifocillasse da quel sudore appiccicoso lungo le salite, aiutandomi a trovare refrigerio mentre cercavo di ristabilire i battiti del mio cuore.
Il Meltemi, il grande assente di questa vacanza.. ahimè!
Quando lo cerchi, si nasconde…
Credo di non aver mai trovato, in vita mia, così tanto refrigerio nei bagni al mare post scarpinata.

Sifnos è l’isola in cui alcuni villaggi ti riportano indietro nel passato, in quel tratto di spiaggia costellato da un paio di taverne e qualche bar che sembrano affiorare dai ricordi di una fotografia ormai sbiadita.

Sifnos è l’isola gourmet, quella in cui credo di aver mangiato meglio in assoluto, gustando la sua selezione di prodotti tipici locali in una mutevole cornice di scenari: dalla solitudine dell’unico tavolo occupato in una taverna sulla spiaggia, alla moltitudine di sedie colorate tra i vicoli di un villaggio.

Sifnos è l’isola dei più buoni piatti di pesce crudo gustati in riva al mare.

Sifnos è l’isola di Chiese e monasteri: ovunque giriate lo sguardo, vedrete una croce all’orizzonte.

Sifnos è l’isola che ha osato scalare la mia già popolatissima classifica personale, arrivando prepotentemente dritta fino in cima e arrogandosi il diritto di far vacillare la posizione ferma e sicura che Paros occupa all’apice del mio cuore.

Sifnos è la degna conclusione del mio viaggio itinerante alla scoperta di nuove isole.
Prima della prossima avventura ??

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2 commenti su “In viaggio tra le mie isole greche”

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