Strano poter definire il legame che sento con la terra greca… viscerale, quasi come se ci fossi nata; e -in effetti- le mie origini non sono, poi, così diverse…
“Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte.
Signori giudici, è proprio come dicono.”
(Marco Tullio Cicerone, In Verrem, II,4,117)
Vengo da Siracusa, al sud della parte orientale della Sicilia, in età storica una delle più grandi città della Magna Grecia.
Affascinata dalla mitologia greca, mi piace pensare che fu lo tsunami originato dall’esplosione vulcanica di Santorini a spostare le mie origini sulle coste dell’isola in cui secoli e secoli dopo sono venuta al mondo.
Mi piace, quindi, andare alla ricerca dei miei presunti legami atavici nei momenti di silenzio davanti alla contemplazione di un teatro, di un tempio in rovina, o dei resti di una colonna: è come entrare in contatto con lo spirito dei miei antenati.
Pensare che a 17 anni, invece, volevo solo scappare via dalla mia terra, insofferente nei confronti di quella “casa” intesa non come famiglia, parenti o amici.. ma una casa intesa come “contenitore” di un qualcosa che, a quell’età, si ha solo voglia di liberare…
Che fosse un’ambizione, un sogno, un progetto concreto o una semplice fantasia… a 17 anni io volevo solo allontanarmi da una terra che non mi aveva mai ferita, ma che sapevo non avrebbe potuto regalarmi ciò che desideravo: l’indipendenza, la voglia di un’esperienza di vita lontano dalle mura protettive di una famiglia, l’eccitazione di una casa in condivisione con delle amiche e un’esperienza di studi nuova…
Oggi sono quel che sono, soddisfatta di tutto ciò che ho costruito…. eppure un senso di incompiutezza permane, uno spasmodico bisogno di cercare qualcosa che, fino a poco tempo fa, non capivo cosa fosse…
Solo oggi riesco a dare un nome a tutto questo… semplice e autentico come la parola “mamma”: sono le nostre origini, quelle che ci portiamo dietro ovunque andremo nelle nostre vite.
Il mio senso di attaccamento alla terra greca, a quelle isole così piccole e radicate nelle tradizioni, alla sua cucina fatta di sapori semplici.
La mia ricerca continua, nei viaggi, dei borghi dimenticati da tutto e tutti, delle piccole realtà di villaggio piuttosto che le grandi capitali…
La mia incessante curiosità di fronte ad una finestra illuminata, nell’immaginare arredi, usi e costumi dei suoi abitanti…
Tutto urla a squarciagola il bisogno di un ritorno alle origini, ad una vita semplice, quella che ruota attorno alla bancarella di un fruttivendolo, alla macelleria sulla piazza, ad una passeggiata in campagna in mezzo agli animali, al bisogno di chiacchiere tra persone.
Perché chi nasce in un’isola riconosce gli odori di quella terra arsa dal sole e inumidita dalla salsedine del mare, il bisogno -alla vista- di un orizzonte che fonda il blu del mare con l’azzurro del cielo, e quello scorrere del tempo lento.
Chi nasce in un’isola, prima o poi scappa ricreando a distanza -magari in una metropoli- una piccola isola densa di colori, emozioni, sapori e profumi delle sue origini, che scorrono nel suo sangue e scaldano il suo cuore.
Chi scappa da un’isola, prima o poi sente l’urgenza di tornarci, spinto dalle tracce ormai svanite di quei ricordi che profumano di infanzia.
Chi torna in un’isola, è per sempre… perché ritrova quel posto chiamato “casa”.
Ritroverò, un giorno, la mia “casa” rientrando in Sicilia? O esplorando l’ignoto di un’isola ellenica?
Non lo so, ma lo spero tanto… anche solo per vedermi così… anche solo per qualche istante ♥